
I leoni di Sicilia è un romanzo moderno, verista, impeccabile. Ed è anche un romanzo che riscatta il cliché drammatico delle saghe familiari siciliane. Impossibile non pensare per contrasto ai Malavoglia, ai tanti poveri pescatori e contadini che sono rimasti, nei secoli, poveri pescatori e contadini. La rivoluzione sociale rappresentata dai Florio è un cazzotto nell’occhio, per la sua crudezza e il suo cinismo. E se si può imputare qualcosa alla storia, è di aver omesso scorciatoie legali e illegali che nel corso della loro epopea i Florio avranno dovuto per forza di cosa combinare, per arrivare laddove sono arrivati.
Ma del resto il verismo, insegnava giustappunto il buon Verga, è verosimiglianza, prima di tutto. E allora ben venga questa saga familiare moderna mascherata da romanzo storico. A me è piaciuto e molto. Ed ero partito con una marea di pregiudizi, a partire dal peso fisico del volume: un bel mattone senza dubbio. Eppure non ho avuto difficoltà a finirlo, non ho avuto mail a tentazione di abbandonarlo nel cimitero degli elefanti che albergano lo scaffale dei libri da riprendere in mano chissà quando, non ho mai ceduto alla palpebra calante delle letture notturne.
Significativa e coraggiosa, per niente banale, la scelta del tempo verbale: un presente dall’inizio alla fine che nelle prime pagine va digerito con calma, perché non siamo abituati. Poi però regala straordinarie e vivide sensazioni, proprio nel senso dei cinque sensi che vengono esaltati e trasmessi al lettore creando una grande intimità con i protagonisti.
Insomma promosso su tutta la linea e consigliatissimo. Complimenti a Stefania Auci e alla casa editrice Nord che ha creduto in questo magnifico romanzo.